Grassano, cinti, casedde e lammioni. L’inchiesta Ambrico sulla povertà e lo sviluppo abitativo
di Antonio Bavusi * – Settembre 2023) – Creative Commons Attribuzione – Non commerciale citando la fonte
(* camminatore – ricercatore indipendente)
Prologo dell’autore:
in un recente mio sogno grottesco ma allo stesso tempo reale, un sindaco di un comune della regione, durante la sua intervista ad un conduttore in una importante trasmissione televisiva, si vantava che nel suo comune vi erano stati meno ammalati di Covid-19 di quanti ve ne fossero stati in un paese meno popoloso del suo. Non comprendendo il significato di questo sogno, così come sono portato a fare, a mente sveglia mi sono chiesto se potesse avere relazione con la pubblicazione alla quale stavo lavorando su Grassano.
Mi sono dato la risposta alla domanda “se abbia senso pubblicare l’eBook su Grassano” e farlo con le mie riflessioni, dopo 70 anni dall’inchiesta condotta da Gaetano Ambrico. Farlo oggi che quasi tutti i protagonisti, responsabili del fallimento dell’industrializzazione del petrolchimico in Val Basento non sono più in vita. Il sogno mi ha dato la risposta, apparentemente in modo irrazionale.
Nell’attualità ognuno è responsabile delle azioni che compie nel proprio presente, anche se queste azioni determinaranno il futuro di molte persone. Ambrico venne “estromesso” dal suo partito per le sue idee controcorrente, e la storia che avrebbe potuto essere diversa 70 anni fa, adesso è quella che conosciamo, con l’imposizione di un hub dell’energia e dei rifiuti che riguarda una regione che si spopopola di anno in anno mentre i responsabili del presente pianificano il futuro prossimo della regione molto simile ad un ricco deserto per pochi.
Ho deciso, pertanto, di non pubblicare l’e-Book su Grassano con le mie riflessioni sull’inchiesta sulla povertà condotta da Gaetano Ambrico, riservandomi di inviarlo a quanti vogliano farne un buon uso.
Ha senso oggi rileggere l’inchiesta sulla miseria in Italia che vide interessato Grassano, un paese della collina vicino Matera? A circa 70 anni, l’inchiesta sulla povertà (il termine è diverso da miseria) condotta a Grassano dall’onorevole Gaetano Ambrico e da un pool di studiosi e urbanisti, costituisce un riferimento importante per leggere oggi le trasformazioni sociali, economiche e abitative non solo di questa comunità, simile a tanti comuni di quello che negli anni 50 veniva denominato “Mezzogiorno” (dal termine antico meridies). In un cabreo rinvenuto a Malta è inserito un disegno acquerellato del territorio di Grassano risalente al 1737. Esso illustra il territorio con i tratturi di Matera, Ferrandina, Salandra, Garaguso, S. Giorgio, Grottole, Calciano, Taverna Arsa, Montepeloso, la mulattiera di Gravina e le carreggiabili di Grottole e Tricarico. Questo antico sistema della viabilità intersecava il Tratturo di Matera, denominato Strada Regia di Basilicata agli inizi dell’Ottocento, chiamata “Via Appia” dal 1930 (da non confondere con l’Appia romana – vedasi l’articolo su Pandosia “la Strada Regia di Basilicata”). Grassano era al centro di un sistema agricolo – commerciale formato da grancie, unità produttive, chiese e immobili gestiti, fino al 1810, dalla “Commenda di Grassano”, ovvero dall’Ordine dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme. Un ordine militare-cavalleresco divenuto potente per offrire assistenza ai pellegrini e ai poveri ma soprattutto per la capacità economica dipendente dalla capacità di stoccaggio delle eccedenze alimentari e del loro commercio sul mercato. Questa caratteristica di Grassano (il nome deriverebbe da “grascia“, nel Medioevo, “vettovagliamento”, abbondanza) non sfuggì a Carlo Levi che, nei primi mesi di confino, fu a Grassano nel 1935. Egli definì il paese nel “Cristo si è fermato ad Eboli” “…una piccola Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto”. Ma Grassano era uno snodo commerciale e umano importante, situato tra le valli del Bradano e del Basento, aperto verso i mari Jonio e Adriatico. Raro esempio di casale di fondazione dell’ordine militare – cavalleresco melitense (XIV sec.), ha successivamente “stratificato” il proprio tessuto abitativo secondo un modello originalissimo, non solo strutturale, ma anche sociale ed economico, di cui è necessario preservarne intatti i valori architettonici. Ci siamo recati a Grassano (MT) percorrendo l’ex “Strada Regia di Basilicata” (oggi denominata Via Appia) che da Vaglio di Basilicata, attraverso Tricarico, conduce al paese di Gaetano Ambrico, da me conosciuto negli anni Novanta, che condusse una meticolosa, quanto purtroppo sconosciuta, indagine sociologica e urbanistica su Grassano e i suoi abitanti. A questa ricerca collaborarono gli urbanisti Ludovico Quaroni e Luisa Anversa descrivendo il “…particolare paesaggio nel suo insieme di volumi bianchi sotto la luce, una città bianca, come la fotografia in bianco e nero della più raffinata cinematografia italiana era in grado di rappresentare”. Ambrico già intravedeva negli anni Cinquanta il rischio che la grande industria petrolchimica e metalmeccanica in Italia determinasse una nuova emigrazione questa volta verso il nord Italia, dopo quella di inizio Novecento verso le Americhe. In Basilicata dagli anni Sessanta l’industria sorse scollegata dal contesto territoriale ed avrebbe provocato ulteriori lacerazioni e degrado, evolvendo in una vera e propria depredazione speculativa del territorio e dei suoi beni naturali e umani più preziosi. Fu questo il tema del mio confronto con Ambrico negli anni Novanta. Ritengo perciò che le sue pagine sull’inchiesta sociale a Grassano brillino di quella luce speciale che solo le immagini in bianco e nero sanno diffondere, per quanti sappiano e abbiano volontà per vederla, per analizzare il passato e comprendere le soluzioni per il futuro.
* Antonio Bavusi

Tratto dalla cartografia Rizzi Zannoni (1807)