Στη συνέχεια συναντήσαμε την Ηρακλεόπολη ακριβώς πάνω από τη θάλασσα. και δύο πλωτούς ποταμούς, ο Ακίρης και ο Σίρι, κατά μήκος των οποίων υπήρχε ήδη μια Τρωική πόλη που ονομαζόταν επίσης Σίρι
(..incontratisi poscia Eracleopoli poco al di sopra del mare; e due fiumi navigabili, Akiris e Siri, lungo il quale v’ebbe già una città troiana detta Siri anch’essa…) [Strabone, Geografia, Libro VI,1,4]

Scarica l’eBook gratuito La grande diga – Storia del serbatoio artificiale sul fiume Agri (Basilicata)

Tra i fiumi maggiormente sfruttati per le loro copiose acque sin dall’antichità, c’è il fiume Agri in Basilicata, ridotto a fiumara priva di acqua d’estate, dopo che le sue maggiori sorgenti sono state intensamente sfruttate nel corso dei secoli per i più svariati scopi civili, agricoli e industriali.

Dopo l’acquedotto romano antico a Grumentum (I secolo a.C.) e l’acquedotto Cavour del 1867 in ambito locale, il primo grande acquedotto dell’Agri, inizialmente denominato “Acquedotto dello Jonio” segna l’inizio dell’utilizzo dei beni naturali della montagna dell’Appennino meridionale a favore delle pianure del Mar Jonio e delle regioni limitrofe.

L’acquedotto Jonico, concepito nel quadro della Legge Speciale per la Basilicata del 1904 (Legge Zanardelli), viene completato nel 1931, inaugurando, non senza contraddizioni, un intenso sfruttamento delle risorse della Val d’Agri (Basilicata) agli inizi del secolo scorso con 32 comuni privi di un proprio acquedotto e serviti in seguito dall’acqua prelevata dalle sorgenti dell’alta valle dell’Agri.

Agli inizi degli anni Cinquanta, sullo scenario naturale della Val d’Agri, irrompe la “Grande Diga” (è questa la definizione che diede all’opera il maggiore quotidiano pugliese) questa volta a seguito di un’altra legge speciale che istituisce la Cassa per lo Sviluppo del Mezzogiorno. L’invaso artificiale, creato dalla diga in calcestruzzo “a doppio arco – gravità”, divide oggi con le sue acque i territori comunali di Spinoso e Montemurro, ma anche “la polpa e l’osso” del sud che continua a viaggiare a due velocità. Alimenta l’acquedotto dello schema idrico Sinni-Agri che serve milioni di utenze civili, agricole e industriali anche della vicina regione Puglia.

Un cinegiornale dell’Istituto Luce, proiettato nelle sale cinematografiche italiane nel 1958, mostra il ministro all’agricoltura e foreste dell’epoca, tenere un comizio sulla grande opera in fase di realizzazione, in una non meglio specificata piazza della Basilicata con una folla assiepata intorno al palco e alcune donne in costume tradizionale.

Lo speaker del cinegiornale annuncia i lavori della “Grande Diga” sull’Agri che non sarebbe stato più lo stesso fiume.  Il progetto del “serbatoio sul fiume Agri”, dopo studi e prove tecniche preliminari, viene presentato per ricevere i finanziamenti alla Cassa per il Mezzogiorno nel 1955 dall’EIPLI (Ente per lo Sviluppo dell’Irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania e Irpinia istituito nel 1947) mentre i lavori di costruzione della “Grande Diga”, iniziati nel 1957, si concludono undici anni dopo, nel 1968, con l’entrata in esercizio dell’invaso con il fiume Agri che smette per sempre di “ruggire” con le sue acque nella gola della Pietra del Pertusillo per far posto ad un serbatoio artificiale. L’opera segue la realizzazione, ad opera del Consorzio di Bonifica di Metaponto con sede a Matera, della Diga di Gannano, sempre realizzata sul fiume Agri tra il 1949 e il 1956, che assieme alla traversa sul limitrofo fiume Sinni porta altra acqua ai territori agricoli della pianura metapontina.

La “Grande Diga” ottiene, non senza difficoltà burocratiche dovute ai ritardi nell’approvazione del progetto, i 6,8 miliardi di lire necessari, in parte derivanti dal prestito concesso dagli U.S.A. all’Italia attraverso la B.I.R.S., Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, nell’ambito del cosiddetto ERP (European Recovery Program) del piano Marshall per la ricostruzione post bellica in Italia.

Qualche anno dopo l’inizio dei lavori, nel 1962, un servizio televisivo in bianco e nero della sede RAI della Basilicata visto in televisione anche negli Stati Uniti, mostra ai pochi abbonati della RAI della regione le immagini della diga in costruzione secondo un “ardito”progetto ingegneristico a doppio arco – gravità, simile a quello realizzato sul fiume Colorado (Hoover dam) negli USA, con le interviste ai tecnici e alle maestranze, incentrando l’attenzione sulla sicurezza sul cantiere nel quale vi sono stati incidenti e alcuni decessi durante i lavori. Su oltre mille operai fissi e altrettanti a cottimo, circa quattrocento sono locali. Dalle limitate notizie disponibili dalla cronaca, si apprende che solo alcuni sindacati denunciano l’assenza di sicurezza nei cantieri, buste paghe non conformi ai contratti nazionali del lavoro, riposi settimanali non riconosciuti ai lavoratori costretti a cicli continui, ferie maturate e non godute, che determinano tensioni sociali.

Lo “speaker” della TV commenta le immagini iniziali che mostrano il crollo di una parete di roccia che fiancheggia la diga fatta saltare con la dinamite, udita dalla popolazione della Val d’Agri arroccata sui paesi sulla cima dei monti della Val d’Agri, come un tuono di un temporale lontano. Le immagini inquadrano le pendici del monte Raparello, situato su uno dei versanti del futuro invaso artificiale, scivolare a valle nel fragore di una nuvola di detriti e polvere “…nella fase finale di un lavoro che dura da sette anni“, commenta lo speaker.

L’esplosione è annunciata dal triplo suono del corno di un operaio e dalla fuga delle maestranze che corrono al riparo con il commento al video:”…questa montagna è stata saccheggiata dalla dinamite con centomila chili di tritolo, dicono…e dietro migliaia di tonnellate di calcestruzzo…giorno e notte uomini e macchine non hanno avuto tregua…” facendo notare, non senza enfasi, come questi lavori non sono paragonabili a quelli dei cantieri che occupano poche decine di persone residenti nella valle.

Le acque del fiume Agri  vengono ancora utilizzate per scopi idropotabili, irrigui e per la produzione di energia elettrica attraverso la centrale idroelettrica di Gallicchio, alimentata dalle acque di scarico di una condotta forzata lunga diverse centinaia di metri. L’acqua del Pertusillo è convogliata lungo un tunnel lungo oltre 13 chilometri formata da roccia “shale” (scisto) infida e fragile. Una grande opera ingegneristica che ha richiesto notevole impegno tecnico da parte della SME (Società Meridionale di Elettricità), nel 1962 sostituita nella gestione da Enel, per far girare le prime turbine elettriche in Basilicata assieme a quelle realizzate sul Torrente Rio Caolo, sempre in Val d’Agri, con potenza superiore ai 20 megawatts già negli anni Sessanta. Di recente sono state sostituite da Enel con turbine più efficienti che elevano la potenza elettrica ad oltre 39 megawatts.

Le utenze domestiche che dipendono dalle acque dell’invaso del fiume Agri (più tardi le acque di scarico della centrale vennero potabilizzate a Missanello dall’Ente Autonomo Acquedotto Pugliese), agricole e industriali, riguardano due regioni con milioni di utenze allacciate. La gestione delle acque per il consumo umano in Basilicata è stata affidata, dopo una parentesi di Acquedotto Pugliese, ad Acquedotto Lucano S.p.A.

Acquedotto Pugliese S.p.A,  gestisce le acque dell’Agri dirette in Puglia attraverso il potabilizzatore di Missanello, limitrofo alla centrale idroelettrica di Gallicchio. EIPLI sovrintende alle strutture tecnologiche dell’invaso della diga del Pertusillo e alle reti di trasporto dell’acqua facente parte dello schema Agri-Sinni. Ma ancora per poco tempo.

EIPLI, già sciolto con decreto del Ministro Agricoltura e Foreste del 31 agosto 1979, dopo oltre 17 commissari straordinari, vicissitudini economiche e deficit di bilancio, è in procinto di essere definitivamente chiuso in base alla legge n.74 del 21.6.2023. Al suo posto, dal 1 gennaio 2024, è subentrato “Acque del Sud Spa”, mentre le problematiche riguardano oggi la futura gestione, la qualità, la quantità delle acque invasate e l’opera di sbarramento della diga in cemento armato, dopo 54 anni dalla sua entrata in esercizio.

La ricerca storica offre un quadro conoscitivo delle fasi che precedettero la costruzione della diga del Pertusillo sul fiume Agri, per riflettere criticamente sul valore pubblico dell’acqua e sui beni comunitari in generale, in un contesto storico diverso ma caratterizzato dagli stessi fragili equilibri ambientali, sociali ed economici, acuiti dalle problematiche recenti, quali la crisi climatica, le estrazioni di idrocarburi e l’inquinamento delle sue acque.

La Valle dell’Agri, sempre più spopolata, sembra assumere la stessa indifferenza di 60 anni fa rispetto alla grande diga che apportò benefici non equamente distribuiti ai territori e alle comunità direttamente interessate, con la trasformazione dell’ambiente naturale.