Circumambulatio, lustratio e uroboro cosmico della Transumanza

La Benedizione di San Vito a Balvano (1990 – Foto A.Bavusi)

Balvano (1990 – Foto Antonio Bavusi): La”circumambulatio” delle persone

Turniata di San Vito a San Gregorio Magno (SA)

La “turniata” a San Gregorio Magno (SA)

La “turniata” a Ricigliano (SA)

dea italica Pales

Vito, Crescenza e Modesto martiri cristiani

Uroboro (il serpente che si morde la coda)

Ercole e buoi di Gerione (rappresentazione)

Il sacrificio di animali durante le Lustratio romana (rappresentazione)
Vitus venne martirizzato dai romani in Lucania, nella Piana del Sele, dopo una lunga peregrinazione. E’ un santo cattolico, patrono in molti comuni, con chiese a lui dedicate nel sud Italia e in Lucania. Nella tradizione locale è considerato il protettore delle greggi e delle mandrie, dei danzatori, dai colpiti dal ballo di San Vito, dal morso della Taranta e da quello dei cani rabbiosi. San Vito ha il potere di ridare il latte alle madri. L’iconografia del santo martire, mostra il cane o i due cani ai suoi piedi. Nella “turniata” o “benedizione di S.Vito”, che si svolge in diversi comuni Lucani, Campani e Irpini, permangono elementi rituali e devozionali che riconducono ad antichi riti pagani praticati dai popoli pastori e alle “Lupercalia” e “Parilia” romane. Questa festa si celebrava nei giorni nefasti di febbraio, mese purificatorio, dal 13 fino al 15 febbraio, in onore del dio Fauno nella sua accezione di Luperco, in latino Lupercus, cioè protettore del bestiame ovi-caprino dall’attacco dei Lupi. Oppure in onore di Pales (1), signora dei pastori, della fecondità delle donne e degli animali, nell’antichissima ricorrenza pastorale delle Palilia (o Parilia). Queste feste venivano precedute dai riti di purificazione chiamati “lustratio” . Essi consistevano nel girare intorno ad un centro (una pietra, un tempio, una città, un campo coltivato), percorrendo uno spazio circolare almeno tre volte, o in un numero maggiore, ma sempre dispari. La “circumambulatio” (girare intorno ad un centro sacro) assicurava agli uomini e agli animali l’immunità dal male. I greci rappresentavano la “circumambulatio” con il “serpente che si morde la coda” (uroboro) secondo una simbologia cosmica degli opposti: del maschile e del femminile e della rinascita dopo la morte.
San Michele e San Vito
Secondo l’agiografia del santo martire, dalla Sicilia giunse nel sud Italia assieme a Modesto e Crescenza, suoi compagni di vita e di martirio, percorrendo i tratturi della transumanza e la via “Herculia” che, in epoca romana, attraversava da nord a sud il territorio lucano, collegando il mar Adriatico al mar Jonio e al mar Tirreno, con le città di Venusia, Potentia, La Torretta, Acerenza, Grumentum e Siris – Herakleia. La via Herculia avrebbe dovuto completare i tracciati militari delle vie consolari (Appia, Traiana e Popilia) con la realizzazione di una via istmica che, nelle intenzioni del suo ideatore e costruttore, l’imperatore Marco Aurelio Valerio Massimiano, avrebbe dovuto esaltare le gesta leggendarie di Ercole e delle dodici fatiche, mitologicamente rappresentate come mostri che si opponevano alla civilizzazione, tra i quali l’imperatore includeva i predicatori e i martiri della fede cristiana perseguitati dai romani, che godevano nell’antica Lucania molti seguaci.
Il mito di Eracle, dopo molti secoli, continuava infatti a godere, nonostante l’avvento del Cristianesimo, di una grande considerazione tra i lucani e i sanniti nella II e III Regio romana. Veniva associato alla pastorizia, nonostante l’imposizione la centuriazione agraria romana.
La via Herculia riconduceva inoltre al mitico viaggio nel Mediterraneo di Eracle, dall’attuale Libia, attraverso le colonne d’Ercole (Gibilterra) fino in occidente, con al seguito le vacche consacrate al dio Apollo sottratte al loro custode, il mostro Gerione, ucciso dall’eroe durante la X delle XII fatiche. L’Herculia, nelle intenzioni di Massimiano, avrebbe dovuto unire Roma al Sannio e alla Lucania, rafforzando l’impero nel segno di “Ercole”. L’eroe avrebbe dovuto rinascere, assieme alle antiche divinità pagane, assurgendo nuovamente ad essere considerato il nuovo protettore degli animali, dei tratturi, delle vie del sale e dei pastori, contrastando così il diffondersi del Cristianesimo. Nei secoli seguenti, invece, anche Eracle sarebbe stato assimilato, nel sincretismo religioso, a San Michele Arcangelo, protettore delle vie della transumanza e dei pastori, mentre San Vito divenne santo custode delle greggi e delle mandrie.
La benedizione e la “turniata”di San Vito
L’antico rito pagano prevedeva in origine sacrifici animali alla dea Pales, antica divinità italica considerata “triplice”, ovvero genitrice, della crescita e rigeneratrice secondo un percorso circolare. La signora dei pastori (Ovidio, I Fasti, Lib IV), veniva venerata anche come divinità della guerra nelle “Palilia”. Gli elementi naturali purificatori utilizzati nei riti pagani (acqua, fuoco,cibo) sono utilizzati nella benedizione di San Vito e nella “turniata”. “L’Aqua lustralis” o “acqua santa”, viene a Balvano aspersa da un sacerdote sugli animali addobbati con nastri e fiori (ovini, caprini, bovidi e equini), sulle persone e, di recente, anche sui mezzi agricoli e le autovetture durante il rituale dei tre giri che richiama la “lustrazio“. La circumambulatio (ovvero il rituale del camminare in circolo tre volte) viene effettuata in senso antiorario intorno alla croce del convento di S. Antonio (anche questa pratica riconduce alla sacralità originaria). Nel XVIII secolo gli abitanti di Balvano facevano industria di animali ovini e vendevano altrove i formaggi, ritenuti i migliori della zona, oppure li commerciavano durante la fiera di S. Stanislao, che ancora oggi si tiene il tra il 9 e il 13 novembre. I massari di campo (agli inizi del 1800 se ne contavano 50 a Balvano)costituiva il ceto più ricco. Essi rivolgevano la loro devozione a S.Vito, mentre i “ualani” (guardiani) avevano come santo protettore San Pascasio, la cui statua viene portata in processione assieme a quella di S.Vito (cfr. M.Martinelli. La benedizione di S.Vito. Basilicata Regione Notizie, 1990). A Ricigliano e a San Gregorio Magno (SA) è rimasto solo il rito di far “turniare” (girare) tre volte le greggi e le mandrie intorno alla Cappella di San Vito (circumambulatio in senso antiorario). A San Gregorio Magno la turniata si effettua anche di corsa. A Buccino (Volcei osca), oltre alla “turniata”, c’è l’offerta simbolica del cibo sacrificale (sostituita all’uccisione degli animali sacrificali) costituita oggi da pani, biscotti e formaggi che sono offerti ai fedeli dopo aver effettuato i giri intorno alla chiesa di San Vito. A Eboli (SA), Vallata, Aquilonia (AV) Baragiano e Avigliano (PZ), la turniata si limita oggi alla benedizione officiata da un sacerdote.
* Contributo conoscitivo di: Antonio Bavusi e Vito L’Erario
Preghiera a Pales (1)
(da Ovidio, I Fasti, Libro IV)
“Proteggi il gregge e insieme al gregge i pastori
e fuggano i malanni, scacciati dalle mie stalle.
Se pascolai in sacro suolo, o sedetti sotto un albero sacro,
o una mia pecora ignara brucò erba da una tomba,
se entrai in un bosco proibito,
e furono dal mio sguardo messe in fuga le ninfe
o il dio capro a metà,
se la mia falce spogliò d’ombroso ramo una selva sacra,
le cui foglie offrii in un cestello a una pecora malata,
perdona la mia colpa, e non mi noccia l’aver messo al riparo in un agreste tempio
il mio gregge mentre grandinava.
Né mi sia danno aver turbato una fonte:
perdonatemi o Ninfe, se con gli unghiati piedi del gregge intorbidai le acque.
Tu, o dea, placa in nostro favore le fonti,
e i numi delle fonti, e gli dei sparsi per tutti i boschi.
Fa’ che possa non vedere le Driadi (cfr ninfe delle querce) né Diana che si bagna,
né Fauno quando a mezzogiorno giace sdraiato nei campi.
Scaccia lontano le malattie,
godano buona salute gli uomini e le greggi,
e anch’essi i cani, provvida turba.
Fa’ che a sera non riconduca capi di bestiame
meno numerosi che al mattino,
né gema riportando velli strappati al lupo.
Stia lontana l’iniqua fame, e abbondino erbe e fronde,
e acque per lavarsi e per bere.
Ch’io possa mungere colmi uberi,
e denaro frutti il mio cacio,
e i radi vimini lascino colare il liquido siero;
sia sempre lascivo il capro,
e la capra si sgravi del feto di cui era pregna,
e siano molte le agnelle nel mio ovile;
e ne provenga una lana che non punga le fanciulle,
soffice e adatta a mani tenere quanto si voglia.
Accada quanto io prego,
e noi anno per anno
offriremo grandi focacce a Pale,
signora dei pastori”.
(Ovidio. I Fasti, Lib IV)
- * © Articolo per Pandosia di Antonio Bavusi e Vito L’Erario, 2018
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