Ricostituzione e futuro dell’antico lago di Federico II

copertina dell’eBook in fase di inserimento

«ὣς ἄρα φωνήσας πόρε φάρμακον ἀργεϊφόντης ἐκ γαίης ἐρύσας, καί μοι φύσιν αὐτοῦ ἔδειξε. (…così detto, Hermes mi donava la medicina prendendola dalla terra e mostrandomi la sua natura
(Odissea, Omero, libro X vv. 302-3)
“… Lacuspensilis (Lago Pesole) rappresenta una “physis“, ovvero una realtà originaria della storia prima dell’uomo (nomos), che si offre allo sguardo della nostra esperienza quotidiana”

Lacuspensilis

Per comprendere “Lacuspensilis” è importante inquadrare la sua storia in un contesto geografico più ampio. Emergono così le vite degli imperatori, dei re, dei principi e feudatari, ma anche dei coloni, dei pastori, dei contadini e delle comunità, con i loro legami con i luoghi impressi nell’immortalità della pietra con la quale sono costruite le domus e i castelli, ma anche semplici abitazioni.

La rilettura critica delle fonti utilizzate dagli autori locali restituisce una Storia tutt’altro che minore o vissuta ai margini delle trasformazioni sociali, economiche e territoriali in cui le guerre segnano eventi dolorosi per le persone e le loro famiglie, dai semplici perdites (disperati) e servientes (servitori)  ai nobili principi, cavalieri e milites (soldati).

E’ questo lo scenario dove si svolge per millenni la vita degli uomini a “Lacuspensilis”, in origine palude formatasi nell’Olocene, così come studi geologici attestano con l’esplosione del vulcano del Vulture provocare lo svuotamento del bacino Pleistocenico di Vitalba e ricoprire le aree circostanti con cenere e lava eruttate. Sulle pareti in pietra di località Carpini – Tuppo dei Sassi, poco distante dal lago, gli uomini  vissuti nel Mesolitico (7mila-11mila anni fa) rappresentano, con pitture e incisioni rupestri, le scene di caccia a cervi, daini e lupi e la loro lotta per la sopravvivenza.

Molti autori attribuiscono a “Lacus pensilis” il significato di “lago sospeso”, traducendo il termine latino “pensilis” come caratteristica del “Lacus”. Secondo una diversa traduzione dal latino “Lacupensilis”, che viene scritto in questa forma in molti documenti dell’epoca, il termine significa “in riva al lago”. Nella traduzione dal latino è il lago che assume la centralità geografica e culturale assieme ai boschi circostanti, da cui ne deriva la centralità del luogo ove è presente la domus e non viceversa nella varie espressioni riportate in latino in epoca antica.

Secondo altri storici il toponimo deriva dalla radice del termine “pessum” o suo diminuitivo “pessulum” per indicare “acque alquanto profonde” (cfr G. Racioppi), anche se questa supposizione non sembra tener conto dell’orografia del luogo ove è situato il lago.

In una mappa risalente al XV secolo viene denominato e visualizzato il “castello antico” e poco distante il “Lago di Pesole“, mostrando l’origine della nuova denominazione, ancora oggi utilizzata di “Castel Lagopesole”.

La trasformazione della toponomastica e la visione antica del territorio sono contenuti nella bolla federiciana “De Novis edificiis deruendis“. Federico II, in modo non casuale, ordina che di distruggere o riportare alle piante originarie tutti i castelli della regione meridionale, anche quelli realizzati in precedenza, con l’intenzione di attribuire centralità ed unicità ai luoghi ove sorgono le dimore imperiali. Egli marca con il proprio sigillo reale (il toro d’oro reale di Federico con la rappresentazione del Regnum Sicilie come fortificato) i luoghi in cui vengono ri-edificate le sue dimore.

Al fine di evitare che le dimore vengono percepite dal popolo come non abitate, Federico II introduce l’originalissima forma della “corte itinerante” sperimentando così una nuova forma di comunicazione che rafforza la percezione dell’autorità. Una visione che mette al centro i regnanti svevi e la sua corte, e non solo le dimore regali, proiettando così il suo regno oltre i confini del Medioevo ma creando contrasti con la staticità della Chiesa e dei suoi ministri. Un conflitto inevitabile definito come guerra tra guelfi e ghibellini che pone in conflitto due modi diversi di concepire il potere, l’autorità, le città e il territorio del regno.

Federico II mira però anche ad accumulare nuove ricchezze, alimenta la percezione non autocratica del potere, pubblica le “Liber Augustalis” a Melfi, che anticipano le Carte Costituzionali che regolano, a partire dal 1231, la vita politica amministrativa e sociale dello Stato.

Ma Federico II e suo figlio Manfredi realizzano anche il “parcum avis” di Lacuspensilis per le osservazioni ornitologiche e faunistiche confluite nel trattato “De arte venandi cum avibus”. Rappresenta il primo studio di etologia e un trattato sulla “falconeria”, considerata però nel contesto dei “loca solaciorum” (ndr, luogo di consolazione) del sovrano.

Il “parcum avis” di Lagopesole (noto in letteratura come parco di uccellagione) è limitrofo ai “parchi di caccia” di Agromonte, Melfi e Palazzo, utilizzati in seguito anche dai regnanti angioini. Dai paesaggi lacustri e fluviali agli specchi d’acqua artificiali e alle peschiere, dalle fontane che sgorgano nei giardini ai meravigliosi congegni idraulici (automata), l’acqua è sempre presente nelle residenze federiciane, a perpetuare il principio salvifico e il mito del paradiso in terra secondo concezioni mistiche della filosofia islamica, al quale si oppone la visione di Dante Alighieri che apprende da altri dannati che Federico II si trova nella “selva oscura”, nell’inferno, divorato dal fuoco all’interno del girone degli eretici epicurei.

E’ suo figlio Manfredi a riformare il concetto di città e territorio voluto dal padre, fondando nel 1265 con atto notarile la nuova città che prende il suo nome (Manfredonia) dopo l’impaludamento di Siponto causato da fenomeni geologici. Con l’arrivo di Carlo I d’Angiò, dopo la battaglia di Benevento del 1266 e la sconfitta definitiva degli Svevi, le “domus” federiciane diventano “castrum”, ossia presidi per il controllo e la difesa del territorio. I castelli di Lagopesole e Melfi assumono il ruolo di centro di potere amministrativo e militare contro i baroni ostili e filoghibellini.

Carlo I d’Angiò rafforza il suo potere attraverso protezione e donazioni per gli ordini religiosi che sono fedeli ai francesi. Impone nuove tasse, soprattutto nei confronti dei “proditores” (traditori) che sostengono la fazione ghibellina nel Giustizierato di Basilicata i cui beni vengono espropriati e riaffidati a nobili francesi giunti in massa a ricoprire incarichi nel regno di Sicilia. Questa politica impoverisce notevolmente la popolazione (si è ridotta a quasi 80mila abitanti in Basilicata nel XIII secolo) e il territorio, spogliandolo delle ricchezze e risorse naturali e alimentari a favore della corona.

Lacuspensilis”, il lago, assume nella storia scopi più pratici: serve per l’abbeveraggio delle greggi che vi pascolano o attraversano il feudo per la transumanza (lungo il tratturo di Lagopesole) e per la pesca. Dal XVII il Lago di Pesole è utilizzato come bacino di raccolta delle acque provenienti dai canali di drenaggio e bonifica nei terreni agricoli circostanti attuando un disboscamento dei boschi che divengono “foreste” ovvero selve utilizzate come difese regie per il pascolo, il legname e la selvaggina per la corte reale.

Dopo secoli di oscurantismo angioino, nel 1416 il feudo e il Lago di Pesole pervengono ai Caracciolo e, nel 1531, assieme ad altri feudi della Basilicata e della Puglia, ad Andrea Doria, attraverso alterne vicende legate alla successione del trono di Napoli nel XIV secolo. Lagopesole perde la sua centralità politica e militare dei secoli passati per diventare possedimento economico della  famiglia genovese assieme ad Avigliano.

Andrea Doria assume il titolo di principe dello Stato di Melfi dopo Troiano Caracciolo del Sole e Sergianni Caracciolo, ucciso nel 1432 da sicari inviati dalla regina Giovanna II, sua amante, divenuta sua rivale per questioni di potere. Gli eredi di Sergianni Caracciolo subiscono la confisca definitiva dei feudi di Melfi e Lagopesole nel 1528 da parte di Carlo V d’Asburgo, nuovo re di Napoli.

Andrea Doria ha armato la flotta spagnola contro i Turchi ricevendo in cambio i possedimenti in Basilicata per i servigi resi al nuovo re di Napoli. Il feudo resta nel possesso della famiglia genovese per 440 anni pur se, dopo la parentesi francese e l’eversione della feudalità del 1807, attraverso diverse forme di conduzione della proprietà.

A partire dagli inizi dell’Ottocento, con l’eversione della feudalità nel regno di Napoli da parte del governo francese, il lago di Pesole è esteso sul “circuito di due miglia” secondo una descrizione dell’epoca. I boschi circostanti sono considerati luoghi malsani e covo dei banditi, di scarso reddito per il signore feudale. Questi beni diventano oggetto di contesa per gli usi civici vantati rispettivamente dalle Università di Atella e Avigliano, dai coloni affittuatari e dalle nuove famiglie insediatesi nell’ex feudo, nei confronti del principe Doria, possessore delle terre demaniali e dei diritti sulle Difese dell’ex feudo di Lagopesole. Una contesa iniziata nel XVII secolo che sfocia nelle quotizzazioni di aree forestali sempre maggiori, con la prima bonifica del lago.

Le pressioni sociali dei coloni, da un lato, e dei contadini dall’altro, esercitate sul possesso della terra accendono aspre conflittualità che sfociano in forme di banditismo e brigantaggio e, in seguito, in lotte per la terra. Incendi, distruzione e tagli forestali a partire dall’Ottocento determinano la messa a coltura di aree forestali sempre maggiori. Il bosco che circonda il Lago di Pesole viene distrutto, così come mostra una carta forestale di inizio Novecento. La distruzione delle aree boscate riguarda le difese di Lagopesole, Agromonte – Montemarcone e parte del bosco San Giuliano tra Forenza e Acerenza. Il territorio rurale di Avigliano è densamente abitato con una popolazione residente nel 1901 di oltre diciottomila abitanti (la più alta per i comuni presenti in Basilicata).

Agli inizi del Novecento per il Lago di Pesole viene attuata una nuova bonifica integrale, completata nel primo decennio del 900. Non è chiaro il motivo del prosciugamento del lago, che traspare solo da generiche motivazioni addotte di “sanità pubblica” ai sensi della legge 22 marzo 1900, n. 195 “Testo unico della legge sulle bonificazioni delle paludi e dei terreni paludosi” con finanziamenti da parte dello Stato per la bonifica accordati due anni dopo, nel 1903.

Nel 1925 l’azienda Doria, a seguito di un nuovo progetto di bonifica integrale (il terzo) per Lago di Pesole, ai sensi della Legge Serpieri, ottiene i finanziamenti per ultimare la bonifica integrale del lago. Viene realizzato il villaggio agricolo a Piano del Conte  per la “colonizzazione”, attuando la gestione dei fondi agricoli e zootecnici di proprietà dell’azienda Doria. All’epoca il fondo agricolo dell’azienda Doria è esteso su 5.190 ettari, di cui 2.420 composti da seminativi e 2.770 ettari da boschi.

Ma la bonifica distrugge i caratteri floro-faunistici ed orografici originari del lago. Esso viene completamente prosciugato e scompare dalle carte geografiche, dove viene indicato “alveo di Lago Pesole”. Si realizzano canali di bonifica ancora visibili, prima che la Riforma Fondiaria negli anni Sessanta mette a coltura anche le estensioni dei boschi residui circostanti.

Nel 1953, i beni posseduti all’ultimo principe Filippo Andrea Doria, pari a 1.888 ettari circa, sono composti da seminativi e pascoli. Essi vengono espropriati dallo Stato e dalla Riforma Fondiaria dietro il pagamento di un indennizzo economico. Le terre sono assegnate in quote ai contadini. Nel 1969 i Doria lasciano definitivamente il castello di Lagopesole.

La Foresta che circonda i Lago e il castello di Lagopesole, in quattro secoli, è stata quasi completamente distrutta a causa di laceranti conflittualità per il possesso della terra. Forti sono le contraddizioni che caratterizzano i periodi successivi alle due guerre mondiali. Da un lato si creano opportunità di ricchezza per pochi e dall’altro cresce la povertà e la miseria dei contadini che organizzano a Lagopesole movimenti per la terra che spingono verso nuove quotizzazioni agricole dei boschi.

I complessi boscosi Agromonte-Spacciaboschi, Coste Castello e Montemarcone-Carpini o sono venduti dai Doria a privati prima dell’esproprio, oppure acquistati parzialmente e per piccoli lembi residui dallo Stato (vengono in seguito istituite Riserve Antropologiche dello Stato gestite oggi dai Carabinieri per la Biodiversità, ex Azienda di Stato Foreste Demaniali, in parte fanno parte del Demanio Forestale Regionale). Il castello, divenuto bene dello Stato, è in attesa della gestione pubblico-privata, ed è chiuso. E il lago?

A seguito di recenti progetti turistici, dal 2015 il Lago di Pesole” è stato ricostituito grazie ad un progetto promosso dalla Sovrintendenza per i Beni Ambientali e Culturali della Basilicata, premiato con “menzione speciale” per la qualità dei contenuti.

L’invasamento delle acque attraverso la ricostruzione dei terrapieni di sbarramento hanno riportato in poco tempo le acque nella conca naturale di Piano del Conte e, con esse, anche la vita palustre. Nel 2023 un nuovo progetto mira a portare a compimento la prima ricostituzione del lago sul quale si concentra una nuova attenzione.

Le acque vi confluiscono naturalmente attraverso una risorgiva, storicamente già nota, riportata sulle mappe e nelle descrizioni degli agrimensori del XVIII secolo. Lacuspensilis è però fortemente denso anche di significati simbolici e affettivi profondi: la “Sorgente della Stella” caratterizza inequivocabilmente il luogo, che si inserisce a pieno titolo nelle “aquarum deliciae” (delicatezza delle acque) preferite dall’Imperatore Federico II e soprattutto da suo figlio Manfredi, non riportando per rispetto umano il motivo del profondo ed intimo attaccamento affettivo al luogo.

E’ nostro auspicio che il tempo ricostituisca oltre al lago anche il valore immateriale del bene, inquadrandolo in una visione del territorio rispettosa della sua storia, spesso offuscata, dimenticata oppure volutamente rimossa per profitto. Solo una gestione consapevole e oculata del bene acqua e dell’ambiente circostante al lago, in un epoca ove grave è la crisi climatica e quella idrica causata dalle attività umane (è necessario passare consapevolmente dall’antropocene al biocene), può ricostituire un luogo che rappresenta la nostra Storia e quella del mondo globalizzato che ha bisogno di ritrovare le proprie radici.

La ricerca storico – ambientale che riguarda Lacuspensilis mostra come l’area di impluvio di origine naturale è stata sempre gestita dall’uomo attraverso il mantenimento del Lago. La zona umida rappresenta un particolare tipo di “ambiente estremo” che viene colonizzato dalle specie floro-faunistiche in base alle condizioni idrologiche che sono notevolmente variabili nel tempo e durante le stagioni (Federico II e suo figlio Manfredi nel trattato De arte venandi cum avibus riportano questa osservazione scientifica ed evidenziano la necessità di mantenere una condizione ottimale di equilibrio per i loro parcum avis affinchè sia frequentato dall’avifauna acquatica). Se lasciato evolvere naturalmente è inevitabile  l’interrimento del lago e la sua scomparsa, accelerata nel XXII secolo dalla crisi climatica planetaria causata dall’uomo.

La bonifica effettuata agli inizi del Novecento ha distrutto completamente la zona umida. Aver favorito nuovamente l’accumulo dell’acqua con un progetto di ricostituzione della conca naturale attraverso il ripristino dello sbarramento (riportiamo nel testo la descrizione di quello realizzato nel XVIII secolo e di quello recente) non significa aver ricostituito automaticamente anche l’ambiente umido.

Lacuspensilis richiede l’essenziale gestione umana attraverso la regolazione idrica, il controllo della quantità e qualità delle acque, l’evoluzione selettiva delle piante idrofite, il monitoraggio delle comunità animali e vegetali, la gestione consapevole delle attività antropiche presenti, mantenendo così nel tempo uno status ottimale per la zona umida che appartiene all’umanità per i suoi valori testimoniali storico-ambientali millenari unici evolutivi.

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