Un caso di land-water grabbing in Basilicata (XX sec.)
L’esproprio degli antichi orti di Senise e la diga di Monte Cotugno
di
Antonio Bavusi
(Maggio 2025) – Creative Commons Attribuzione – Non commerciale citando la fonte

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* Il fenomeno del land grabbing, tradotto come accaparramento di terre, e la sua variante water grabbing, ossia l’accaparramento dell’acqua, rappresentano dinamiche di natura economica e geopolitica che implicano l’acquisizione di terra e/o risorse idriche, spesso localizzate in aree in via di sviluppo. Questi processi si realizzano generalmente con finalità agricole, per la produzione di biocarburanti o per lo sfruttamento delle risorse naturali, minerarie e idriche. In pratica, si tratta dell’appropriazione di terre o acqua (o di entrambe) da parte di entità pubbliche e/o private, attraverso modalità quali acquisto, affitto, concessione, esproprio o altri tipi di accordo, talvolta con il coinvolgimento o il consenso parziale delle comunità locali, ma spesso anche in loro totale assenza. Tali operazioni determinano inevitabilmente impatti significativi sulle popolazioni che vivono e lavorano nei territori interessati, le quali si vedono sottrarre le risorse fondamentali. Questo può generare conflitti, migrazioni forzate e crescenti disuguaglianze economiche e sociali nel corso del tempo. Il controllo forzato e la privatizzazione legati ai grandi progetti di agrobusiness o industrializzazione mettono ulteriormente a rischio l’accesso ai beni essenziali, compromettendo la sussistenza e il benessere sociale delle comunità locali. Il land grabbing e il water grabbing rappresentano problematiche complesse e di enorme rilevanza globale. Affrontarle richiede un impegno  focalizzato sulla tutela dei beni comuni, i quali non dovrebbero appartenere né alla sfera della proprietà privata né esclusivamente a quella statale, ma essere riconosciuti come diritti inalienabili dei cittadini.