Lo scorso 24 agosto, a Castelsaraceno (Pz), si è tenuto l’incontro con gli autori de’ “Il Cammino di Puglia – Il Tratturo Regio Melfi-Castellaneta e la Via Appia” (Antonio Bavusi e Vito L’Erario). Un incontro non solo per presentare il testo, ma per un confronto reale con chi la transumanza la viveva sulla propria pelle: i pastori.

Dopo la visita al Museo della Pastorizia – l’unico presente in Basilicata, che come ci ha spiegato la guida “…si voleva andare oltre il classico museo dedicato alla civiltà contadina” – in una sala consiliare gremita e attenta, Pino Cascini ha presentato gli autori al pubblico, introducendo i temi con una breve relazione; il Sindaco di Castelsaraceno, Rocco Rosano, ha sottolineato l’impegno gratuito degli autori a servizio delle comunità, evidenziando anche l’interesse dell’amministrazione sul piano culturale, con la riproposta di temi identitari che devono rappresentare il punto di riferimento costante degli amministratori regionali e locali affinchè i cittadini non dimentichino la propria Storia.

Nel presentare la transumanza de’ Il Cammino di Puglia, subito salta all’occhio dei pastori la foto del “meriggio delle pecore” da cui ne nasce una interessante discussione: loro ascoltano con attenzione e pongono anche il loro punto di vista. Il pubblico è attento, curioso: la sensazione è che a Castelsaraceno sono molto legati alle loro tradizioni, alla loro identità saracena, alla pastorizia transumante. Ne parlano tutti con orgoglio ed anche con una certa emozione, non senza una gelosa memoria.

Le slide scorrono velocemente, raccontate in modo sintetico da Antonio Bavusi, come al museo vicino dove i pastori diventano anch’essi narranti, mentre Vito L’Erario spiega l’importanza delle cartografie e l’urgenza di “mappare” con il GIS questi tratturi che invece rischiano purtroppo di scomparire.

Il pubblico osserva i segni e le tracce della viabilità greca e romana, le cartografie recenti e passate, le iconografie dei paesi e delle strade lungo il Tratturo Regio: iazzi, masserie e fontane della lontana Murgia, gli strumenti che i Compassatori utilizzavano per “mappare” i tratturi, quelle vie erbose e di pietra che resistono alle forti antropizzazioni dell’uomo moderno, che traduce in modernità anche quella transumanza di oggi su gomma che sta di fatto sostituendo quella antica.

Scorrono le immagini dei volti di Quinto Orazio Flacco, Publio Virgilio Nasone, Tito Livio, Strabone, Theodor Mommsenn, Francesco Maria Pratilli, Robert J. Buck, Giuseppe Lugli, Vinson, Berkely, Thomas Ashby, Robert Gardner, Ettore Capecelatro, che come spiriti narranti riempiono la sala di una grande storia, raccontata e narrata nei secoli dei secoli, sino a noi, che diventano le fonti madri di ogni ricerca poi trascritta con il Cammino di Puglia.

E se nella terra del mito il Cammino è quello degli antichi Enotri, popolo risalente al XV sec. a.C., parliamo di oltre 3500 anni fa, una legenda incuriosisce i presenti in sala, secondo cui Enotro, antico progenitore del popolo che da lui prende il nome, (dal greco antico Oinotron che indica anche il palo di legno a sostegno della pianta di vite da cui gli Enotri ricavavano il vino) era figlio di Licaone; quest’ultimo venne trasformato da Zeus in lupo per aver offerto al Dio carne umana da consumare.

Tra miti, legende e realtà, i pastori presenti hanno infine raccontato la loro transumanza, dalla fine degli anni ’40 (del secolo scorso) all’inizio degli anni ’80, allorquando ci si incamminava da Castelsaraceno, dalla montagna verso la marina ionica e la Val Basento, e viceversa.

Essi hanno descritto il cammino delle greggi e la produzione dei formaggi e della lana che veniva anche esportata al nord: “chi voleva andare verso Montalbano Jonico doveva proseguire a destra, chi invece voleva proseguire a sinistra, si recava verso Aliano, Stigliano, Craco e Ferrandina, seguendo antiche vie, come il Tratturo della Montagna“. A parlare  è Antonio Latronico (detto Ventaglio), un pastore anziano testimone della Civiltà del Tratturo, che assieme al pastore Antonio Cirigliano (detto Monaco) hanno ricordato luoghi, persone, fatti, oggetti, animali, boschi e sorgenti, lungo quello che fu anche l’antico Cammino degli Enotri, il misterioso popolo dei nostri avi.

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