Fontana La Romanesca, detta la fundanèdde

La Romanesca, bassorilievo romano

Il Monte Vulture tra le pale eoliche

Verso il Castellum Aquae

Particolare Fontana del Monte

Il forte ritardo accumulato nella redazione del Piano Paesaggistico Regionale (rif.: https://www.terredifrontiera.info/tutela-del-paesaggio/ ) consente, tutt’ora, la presentazione e l’eventuale approvazione di progetti energetici senza che ci sia alcuna opposizione di istituzioni, associazioni e cittadini. E’ il caso di due progetti eolici che interessano l’Ager Venusinus: uno riguarda un “parco” eolico da realizzarsi tra Venosa e Maschito e, più precisamente tra le località Bosco Monte, Montalto, Serra la Croce e Serra Nocella. Lo storico venosino Giacomo Cenna  ci ricorda che queste aree sono i monti di Tre Catene (Acquatoro, Monte Cucco e Monte Caruso) da dove scaturiscono le antiche acque che attraverso l’acquedotto romano, ancora visibile, alimentavano Venusia (venis aquarum: una delle ipotesi dell’etimologia del nome di Venosa A. Cappellano, Venosa cit. a nota 9; G. Cenna, Cronaca venosina cit. a nota 20 p.224; A. Capano, L’uso dell’Acqua nella colonia latina di Venosa), oggi Venosa. Il secondo progetto, di cui le osservazioni scadono il prossimo 31 gennaio 2020, è stato presentato in un’area tra le località Piano Regio, Sanzanello e Piano della Piedina. Anche in questo caso parliamo di territori ricchi di testimonianze archeologiche, note e non (come il complesso e articolato sistema di fattorie di alto potenziale archeologico di età repubblicana e imperiale), una rete stradale antica articolata, ivi compreso l’Appia – Regina Viarum e la via Herdonia-Venusia, la rete tratturale della transumanza; interi sistemi definibili veri comparti ancora privi di tutele: è ancora in alto mare la creazione di zone cuscinetto-rispetto (buffer) di queste antiche vie.

Due esempi di come l’avanzata eolica non risparmia nessun territorio, compreso Venosa, che dovrebbe, invece, opporsi a tale invasione con tanto di osservazioni motivate da trasmettere al Ministero competente, che nel caso di specie è quello dell’Ambiente.

Nel nostro testo “Il Cammino di Puglia” viene sottolineato più volte come questo tipo di opere sono dannose, non solo dal punto di vista paesaggistico (ma a tal proposito ricordiamo che la Costituzione Italiana tutela il paesaggio come bene primario), ma anche storico, archeologico e naturalistico.

Neppure una certa pratica tanto decantata quale è l’archeologia preventiva, come strumento utile di resilienza a disposizione degli archeologici, che da un lato varcano un piede nelle Soprintendenze e dall’altro si prestano a codeste relazioni di archeologia preventiva, mettendo a nudo siti noti alla bibliografia, ma senza tutele previsti dalle leggi vigenti, con il rischio di essere distrutti dalle stesse società o saccheggiati da tombaroli o persone senza scrupoli.

Il libro che abbiamo scritto a nostre spese e che stiamo divulgando gratuitamente a chi ne fa richiesta, non è il tentativo di sostituirsi agli storici o di entrare in qualche salotto di elìte, ma di contribuire alla ricerca identitaria e alla conservazione e tutela del ricco patrimonio culturale, sempre più minacciato dall’uomo moderno che militarizza i territori con opere industriali del profitto, offrendo false illusioni alle comunità che devono, invece, essere custodi del tempo andato, in tempi i cui la cultura del bene comune soffre di una patologia cronica chiamata indifferenza.

Antonio Bavusi
Vito L’Erario

Nota: La foto del bambino che beve alla fontanella sotto il campanile è stata gentilmente concessa da Appia2 – Venosa (Pz).

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