Il Quincunx del portale della chiesa di S.Maria di Pierno – di Antonio Bavusi – Prefazione di Albano Garramone
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Lo stile cosmatesco della bottega del maestro Sarolo da Muro

In letteratura è ancora sconosciuta l’esistenza e il significato del doppio “Quincunx” incastonato nella pietra nel portale della chiesa S.Maria della Badia  di Pierno (Potenza – Basilicata) realizzato tra il 1189 e il 1197 assieme all’intero complesso badiale. Esso è formato da tessere in pasta vitrea, ceramica e pietra, incastonate nel disegno costituito da cinque cerchi intersecanti fra loro (uno più grande al centro e quattro disposti sulle diagonali di un ideale quadrato che li comprende).

La lunetta e il portale vennero realizzati da Mastro Sarolo e da suo fratello Ruggero che assieme a Luigi facevano parte della bottega d’arte di lapicidi e costruttori di edifici sacri attiva a Muro Lucano nel XII secolo. Il doppio “quincunx” mostra al centro la “Croce Molina”, la Croix Ancrée, simbolo religioso dell’ordine monastico benedettino dei Verginiani del monastero del Goleto fondato, così come quello di Pierno, da San Guglielmo da Vercelli, il cui significato è riconducibile alla regola benedettina.

La lunetta è contornata dall’arco del portale con figure di teste umane (forse dei committenti e dei loro genitori) e simboli. Il misterioso quincunx, di stile “bizantino”, è riproposto dalla bottega di Sarolo in epoca medievale (XII secolo), ma le origini sono più antiche e sono riconducibili a culture e a religioni diverse dal Cristianesimo, alla scienza e alla filosofia.

L’interno della chiesa di Santa Maria di Pierno mostra sei colonne e altrettanti capitelli scolpiti che reggevano in origine le volte a crociera nei pressi dell’altare situato ad oriente. Particolari sono le figure scolpite dei capitelli (ne restano cinque) che rappresentano figure mostruose mitologiche, con l’uroboro cosmico che cinge la base della seconda colonna a sinistra della navata centrale, che rappresenta il circolo della vita che si riperpetua nell’eternità. Questo richiamo alla vita eterna esprime la volontà del committente di realizzare l’edificio religioso che venne eretto anche per accogliere le spoglie mortali della famiglia “Balvan”. Sotto il pavimento della chiesa venne realizzato il sepolcro dei signori normanni committenti dell’edificio sacro. Gilberto II di Balvano commissionò alla bottega di Sarolo forse anche il mosaico tassellato che riprendeva lo stesso stile del quincunx rappresentato sul portale, assimilabile all’arte dei “cosmati”, marmorari vissuti a Roma del XII secolo i quali appresero l’arte dalle maestranze bizantine chiamate a Montecassino dall’abate Desiderio nel 1060.

Terremoti, anni di abbandono e inopportuni restauri negli anni sessanta e nel primo decennio del duemila, hanno cancellato i segni originari dei mosaici pavimentali nella chiesa della Badia di Pierno ed alcune strutture originarie del convento annesso.

La bottega d’arte murese si stava specializzando nei mosaici tassellati e nella scrittura sulla pietra con iscrizioni formate da eleganti caratteri in stile longobardo – onciale, scrittura tipica dei codici con particolari caratteristiche delle lettere che stavano evolvendo verso la scrittura “carolina” del XII secolo in uso presso i conventi benedettini (alcune lettere mostrano entrambi gli stili in maiuscolo e minuscolo).

Poco si conosce del convento verginiano di Pierno, in gran parte sepolto o distrutto. Le mura del convento sono raffigurate in una rara cartolina rievocativa del pellegrinaggio mariano svoltosi agli inizi del Novecento (presso l’autore). Secondo alcune descrizioni, il convento era dotato di locali a volte ai piani inferiori utilizzati come magazzini e, al piano superiore, dalle celle dei monaci. Il complesso era unito alla chiesa attraverso un portico con volte a crociera (restano solo quelle antistanti l’ingresso alla chiesa).

La fotografia testimonia la fede e la devozione per la Madonna portata ancora oggi in processione dai pellegrini nel castagneto che venne piantato, secondo la tradizione, da San Guglielmo da Vercelli, fondatore dell’abbazia. Le donne, in segno augurale, portano i rami di castagno nelle loro case per devozione alla Madonna dopo il pellegrinaggio.

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