a cura di Pandosia
Le foreste di abete di Piano Iannace e della Valle del Frido, i faggi secolari dei versanti boscosi del Pollino, hanno assistito silenziosi agli eventi storici e sociali, alle imboscate ed agli agguati, alle repressioni ed alle stragi tra briganti e truppe regolari. Sotto la loro ombra, per oltre due secoli e mezzo, studiosi di cose antiche, botanici e letterati, italiani e stranieri, hanno sostato per riempire le pagine dei loro diari, lungo l’itinerario di un viaggio disseminato tra confini naturali ed amministrativi, spesso gravido di minacce e pericoli di ogni sorta.
Sotto il Regno di Francesco I, la mattina del 3 luglio 1826 partirono da Napoli diretti verso sud per un viaggio scientifico tre studiosi napoletani. Figura di spicco di quel terzetto era Michele Tenore, autore della Flora Napoletana, direttore del Real Orto Botanico di Napoli, istituito nel 1809, titolare della cattedra di botanica. Con lui erano Luigi Petagna professore di zoologia e direttore del museo zoologico universitario e Giovanni Terrone, botanico. Il terzetto, tra peripezie e difficoltà incontrate nel Lagonegrese, finalmente giunsero a Rotonda attraversando il torrente Mercure annotando la presenza dell’Asperula calabrica. Poi risalirono, dopo una sosta a Rotonda, verso Pedarreto alla “regione dei boschi…dove alle querce seguivano più in alto faggi ed aceri napoletani”. Durante il loro cammino raccolsero a più riprese diverse specie flogistiche, sino ad arrivare alla “bocca di Ruggia”(Piano di Ruggio)dove il bosco cedeva il passo “ad una vasta pianura coperta di pingue pascolo”. Nei prati raccolsero numerose varietà floristiche ed il Petagna qualche insetto “tra i faggi marciti”. Dopo tre ore di cammino furono”nel centro di nera foresta”ammantata di faggi e di abeti di “mole piucché colossale, con diverse specie di aceri, tra cui l’endemico Acer Lobelii… che gareggiava con i faggi per le sue non comuni dimensioni”. Ritennero quella immensa quantità di legname preziosa per le costruzioni così navali che civili….qualora fosse facilitarne il trasporto impedito da luoghi inaccessibili…mentre tutto era abbandonato alla natura…solo i pastori usavano impiegar qualche faggio per costruire le loro capanne”.Evidenziarono l’usanza della popolazione di Rotonda di recarsi in quei luoghi una volta all’anno per abbattere e trasportarsi uno dei più grossi abeti destinati a servir di majo in una delle loro pubbliche feste…sull’altopiano di Vaccarno (Vacuarro)frequentato da greggi di capre e pecore..ivi bivaccando con diversi fuochi opportunamente accesi dalle guide…”. Si diressero con la guida di un “garbato pastore che conosceva molte piante sul monte Dolcedorme…con un bel nucleo di pini chiamati Pinus Mughus del Jacqui (in realtà erano i pini loricati, che non riconobbero come nuova specie)”. Il giorno 7 luglio raggiunsero Castrovillari dalla Calabria Citeriore, di ritorno a Napoli, censirono 130 tra piante nuove, rare o in via di estinzione reperite e classificate.
I boschi di leccio, Quercus Ilex, caratterizzano la fascia mediterranea posta a quote meno elevate (fino agli 800 metri s.l.m.). Quest’albero rappresenta l’unica quercia sempreverde presente sul nostro territorio a cui si associano altre specie, quali l’orniello, il carpino nero, la roverella e l’acero. Le leccete meglio conservate nel parco si trovano nel territorio comunale di Civita, sui versanti sud-orientali del Monti Moschereto e Zigomano e presso le località Colle di Ciuca, Piano di Ilice (è interessante notare il toponimo locale che sta ad indicare la presenza del leccio) e Sacchitello.Leccete sono presenti nella Valle del Fiume Lao, nel territorio comunale di Papasidero, mentre altri nuclei diradati vegetano sui versanti meridionali dei Monti Pollino e Serra Dolcedorme e lungo il corso del Fiume Rosa. La macchia mediterranea rappresenta un’altra caratteristica della fascia mediterranea con specie arbustive quali il lentisco, il mirto, la fillirea, il rosmarino, l’erica vegetanti nelle aree più basse del massiccio montuoso.La fascia sannitica comprende: le formazioni termofile clima caldo) e mesofite (clima più freddo) di cerro, Quercus cerris, sino al limite della faggeta (1.200 metri s.l.m.), i boschi con roverella, Quercus pubescens, boschi misti di cerro, roverella e ontano napoletano (albero endemico del sud italia che nel parco nazionale del Pollino è presente in formazioni quasi pure in località Piano di Lanzo nel territorio comunale di S.Donato di Ninea, il farnetto, il castagno, le pinete spontanee di pino nero (che rappresentano una rarità) e le praterie aride. Le cerrete sono molto diffuse sul territorio del parco. E’ possibile osservarle in buono stato di conservazione sul versante lucano del parco quali il il Bosco Malboschetto sul versante meridionale del Monte Alpi con la presenza di rilievo dell’agrifoglio nei pressi di Castronuovo Sant’Andrea e Calvera, il Bosco Magrizzi – Cieliagresti esteso su 485 ettari circa. Il Bosco Farneto (toponimo locale indicante l’albero di farnetto) è situato nei pressi di Nopeoli dove l’assenza del cerro è compensata da altre specie quali il castagno e la roverella. La presenza dell’erica e del citiso (specie tipiche della lecceta) nello strato arbustivo del Bosco Farneto di Noepoli indicano il carattere termofilo di questo bosco situato intorno agli 800 metri s.l.m. Altri boschi di interesse di cerro e farnetto di alto fusto sono localizzati presso Plataci e San Paolo Albanese (Bosco Capillo). Abbastanza diffusi nel parco i boschi misti per lo più cedui sino ai 1.000 metri s.l.m. sono caratterizzati dalla presenza della roverella, dal cerro, dall’orniello, dal carpino e dall’acero e nuclei sporadici di leccio. I boschi di roverella, Quercus pubescens, sono generalmente poco estesi e sono per lo più degradati a causa delle attività antropiche (pascolo e agricoltura). Boschi con roverella si trovano nel territorio di Civita (Bosco Santa Venere) ed in altre poche località del parco…