Lo Zuccherificio di Policoro. Storio di uno stabilimento della riforma Fondiaria.
(Ottobre 2023) – Creative Commons Attribuzione – Non commerciale citando la fonte
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“La storia è maestra, ma non ha scolari”. Sono parole pesanti queste di Antonio Gramsci. Non voglio essere altrettanto netto e tranchant, ma bisogna prendere atto che indubbiamente non sono tanti coloro che si nutrono alle fonti storiche. E non si può non concordare con il filosofo quando afferma che chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Basti pensare alla novecentesca, avventata invasione hitleriana in terra di Russia, che subì la medesima fine ingloriosa di quella ottocentesca napoleonica.
Bisogna riconoscere che la storia dello Zuccherificio di Policoro non ha le stimmate dell’unicità, ma si accompagna a tante altre storie simili di chiusure di stabilimenti industriali, cambiano solo i nomi dei protagonisti, dei partner interessati, ma il cliché è sempre quello: partenza col botto, grande entusiasmo e illusione di duraturo progresso, vita intensa ma breve e poi crisi senza soluzione e inatteso colpo al cuore finale. Insomma, al dolce è seguito presto l’amaro. La compagnia non manca, ma non scema la pena: basti pensare all’ascesa e al declino dell’area industriale della Val Basento, in agro di Pisticci.
Altro amaro lucano. Una storia parallela quella dell’ex ANIC, stessa epoca, altra meteora, altro “industricidio” perpetrato nel teatro del Metapontino, ma confezionato altrove, in sedi altolocate. Storie che fanno capo ad un’unica matrice, finite come alberi rinsecchiti per mancanza di una programmazione seria in alto loco, per carenza di lungimiranza politica, per cedimento a interessi elettoralistici e pressioni di contesti territoriali più forti, determinanti e appetibili, per legislature travagliate con governi che hanno avuto breve respiro, per cui spesso idee e progetti approvati e messi a terra sono stati ritenuti dai successori di scarso interesse e dunque non più supportati, anzi abbandonati a un inesorabile, triste declino.
La puntuale e dettagliata ricerca di Antonio Bavusi e Pina Montano, corredata dalle immagini significative di Ottavio Chiaradia, ci fornisce un quadro chiaro del percorso dello Zuccherificio di Policoro, delizia e poi croce, prima dolce e troppo presto amaro lucano. E’ un’analisi dettagliata dei fatti, che porta a conoscenza di quanto è avvenuto sul territorio, ci induce a riflettere su quel che è stato, ma che non vuole certo farci cadere in uno stato depressivo di dannosa nostalgia per il passato, né di oramai inutile e dannosa critica, che non porterebbe alcun frutto positivo.
L’accurato lavoro vuole spingere semmai a considerare il presente e a immaginare il futuro. E purtroppo il presente, come ben mostrano le tante immagini fotografiche, è desolante: l’ex stabilimento versa in un miserevole e colpevole stato da anni, in condizioni di accentuato e penoso degrado. Un pugno nell’occhio per residenti, passanti, turisti in viaggio verso la spiaggia e il mare. Frutto di un trentennio e oltre di abbandono, di noncuranza, di disinteresse. Un ammasso di cemento e altro vario materiale edilizio, di ferro, di vetro, di amianto, di rifiuti, di siringhe, di erbacce, nonché covo di serpi e non solo.
Facile comprendere che rappresenta un pericolo per l’intera comunità. E la salute e il decoro richiedono fortemente una bonifica, che risulta quanto mai necessaria e urgente. Credo che su questa impellenza sia impossibile trovare una qualche voce discordante, perché vi convergono gli interessi di tutti. Occorre farla presto e bene.
E poi? Sul futuro la faccenda si fa sicuramente più complessa, perché coesistono visioni diverse. Secondo recenti informazioni, l’Amministrazione Comunale nel suo Piano d’ambito paesistico ‘vede’ la riqualificazione dell’ex area industriale con la nascita di un nuovo polo residenziale, che porterebbe nell’arco di qualche anno seimila nuovi posti letto nella cittadina ionica. Nuove
costruzioni, dunque, al servizio dello sviluppo turistico. E il recente documento programmatico amministrativo, con il recupero del territorio su cui insisteva lo Zuccherificio, oggi cerniera tra la città di Policoro e il suo lido, prevede altresì la nascita di un Centro ricerche nel campo dell’energia alternativa, denominato Società&energia: il futuro della Basilicata. Coesistono altre “visioni”. C’è chi, al posto di nuovi palazzi e nuove eccessive colate di cemento preferirebbe un bel parco verde con finalità socio-ricreative e culturali, un luogo di aggregazione e di opportunità di nuovi saperi, magari con un grande museo della civiltà contadina e di quella più recente della Riforma agraria.
Altri magari preferirebbero un’attrattiva per bambini e adulti, che potrebbe essere uno zoo o una piccola Disneyland. Insomma, le idee fervono. Ed è il momento storico in cui serve maggiore attenzione, è l’ora di discutere, di incontrarsi, per poter valutare i pro e i contro delle varie opzioni, di ponderare quale possa essere la soluzione migliore per il futuro. Sicuramente ecocompatibile. Intanto è bene che ci sia consapevolezza del problema e che qualcosa cominci a muoversi. Non è più tollerabile un ulteriore immobilismo.
Ci si augura che la pianificazione che sarà messa in campo abbia una visione non limitata a breve termine, ma una prospettiva ai prossimi cinquanta, cento anni, insomma rivolta alle prossime generazioni, per cercare di lasciare loro in eredità un territorio migliore in dimensione sia economica, che salutare ed anche estetica. Se così sarà, l’intento degli autori di questo libro di ‘lanciare un sasso nello stagno attraverso l’informazione storica e muovere le acque e bene, avrà avuto successo. E la Basilicata sarà loro grata per questo interessante lavoro di storia locale e nazionale”.
Prof. Antonio Romano