Gli antichi popoli del Tratturo e della Via Appia

Strabone, storico e geografo greco (Amasea, 60 a. C. – 20 d. C.) nella sua opera “Geografia” descrisse, forse durante la sua permanenza a Roma nel 45 a.C, le regioni abitate e le comunità italiche dedite prevalentemente alla pastorizia transumante e all’agricoltura, allorquando la via Appia già da oltre un secolo collegava Roma con Brindisi. Il “popolo dell’Appennino”, frammentato in numerose tribù locali, popolava le diverse regioni fin dalla media età del bronzo  (I millennio a.C.). Secondo il glottologo Giacomo Devoto (Genova, 19 luglio 1897 – Firenze, 25 dicembre 1974) la lingua osca identificava una pluralità di popoli.

Nella sua opera “Gli antichi italici, Firenze 1931”, il Prof. Giacomo Devoto scrive infatti: “se il nome opikoì presso Dionigi (I, 72)  si riferisce agli abitanti della Campania e a quelli del Lazio. […]. Non meno tardo è il nome di  “Oschi”, che deve la sua fortuna a un fatto non tanto politico quanto linguistico, alla diffusione della lingua osca nell’Italia meridionale, anch’esso condizionato all’invasione sannitica nel mezzogiorno che ha sottomesso il popolo protolatino degli Opici”.

Di seguito riportiamo le descrizioni delle regioni e dei popoli fatte da Strabone ed estrapolate dall’opera “Geografia”:

Sannio

Nel libro V, Cap. 3 di Geografia Strabone scrive: “I  Sabini (o Sanniti) sono una stirpe assai antica e sono autoctoni; loro coloni sono i Picentini e i Sanniti; coloni di questi sono i Lucani e di questi i Bretti”. Ed ancora “i Picentini emigrarono dalla Sabina, sotto la guida di un picchio che aveva mostrato la via ai loro primi capi. Di qui il loro nome: chiamano infatti picus questo uccello e lo considerano sacro ad Ares. […]. Oltre il Piceno c’è il territorio dei Vestini, dei Marsi, dei Peligni, dei Marrucini, dei Frentani, di stirpe sannitica”. Nel capitolo 4, paragrafo 11 Strabone scrive: “quanto ai Sanniti, essi dapprima fecero spedizioni fino a quella parte del territorio latino che è nei pressi di Ardea; in seguito, dopo aver saccheggiato la Campania, avevano acquistato molta potenza. Infatti i Campani, dal momento che erano già abituati all’obbedienza verso altri padroni, si sottomisero subito al loro comando”..

Campania

Nel libro 3, cap. 4 Strabone indica “la Campania, il Sannio e il territorio dei Piceni. Nel paragrafo 3 denominato Campania, indica le “le montagne dei Sanniti e degli Oschi, gli Opici, gli Ausoni, i Tirreni, i Campana, il Crater (il Vesuvio), Capua, Cuma, Neapolis”.

Lucania

Nel Libro VI, Cap IV Strabone scrive «la Lucania […] [si estende] dal fiume Lao, mentre fino a Metaponto dalla parte del golfo di Sicilia [lo Ionio]. Esterna all’Italia è la zona tarantina, che è vicina a Metaponto, e gli abitanti Iapigi […]. Poi il nome di Italia e di Enotria si estese anche fino a Metaponto e alla Siritide […]. Dunque la Lucania sta tra la costa tirrenica e quella siciliana, dal Sele al Laus, e da Metaponto a Thurii; sul continente, va dai Sanniti all’istmo da Thurii a Cerilli, vicino al Lao: l’istmo misura trecento stadi [55,5 km] »

I Lucani, popolo italico di lingua osca, si insediarono nell’area nel V secolo a.C. Sappiamo da Strabone che gli antichi Lucani pre-greci ebbero una costituzione democratica, salvo in tempo di guerra, quando un dittatore veniva scelto fra dai magistrati normali. All’inizio del IV secolo a.C. si espansero verso sud-ovest, nell’attuale Calabria, dove vennero in conflitto con i Greci della Magna Grecia, in particolare con Siracusa che riuscì a dividere i Lucani e a sbarrare loro il passo. L’espansionismo del popolo italico si volse allora verso est, dove si scontrò con Taranto.
Il distretto di Lucania fu chiamato così nel III secolo a.C. dai Romani[3], che diedero un’unità regionale al popolo degli antichi Lucani. La discesa dei Romani interruppe il lungo periodo di pace vissuto dalla Lucania nell’orbita della Magna Grecia. La Lucania fu attraversata dalle Guerre sannitiche e dalle Guerre pirriche contro la potenza in ascesa di Roma, che riuscì infine a sottometterla nel 275 a.C. Alcune iscrizioni in lingua osca sopravvissero principalmente nei caratteri greci su alcune monete, a partire dal IV o III secolo a.C. I Lucani, insieme con i Sanniti loro affini, si ribellarono nuovamente al dominio romano con la Guerra sociale (90–88 a.C.), che portò i popoli della Lucania al declino completo. In questo periodo, infatti, Strabone parla dello svuotamento delle città greche del litorale e l’affermazione della malaria nelle pianure e nelle valli. Le poche città dell’entroterra non avevano nessuna importanza. Da qui cominciò un potente disboscamento delle foreste per il legno delle navi romane e di conseguenza si crearono grandi pascoli, ma si estinsero orsi e lupi. Durante l’era di Augusto la Lucania fu unita al distretto dei Bruzi per costituire la Regio III Lucania et Bruttii [Fonte: Wikipedia].

Messapia

Sempre nel Libro VI, Cap I, Paragrafo I Strabone scrive: “Avendo già descritto la regione dell’antica Italia fino a Metaponto, devo ora parlare delle regioni immediatamente vicine. Subito confinante con essa c’è la Iapigia; i Greci la chiamano anche Messapia, mentre la popolazione autoctona chiama terra dei Salentini la parte intorno a Capo Iapigio, Calabria tutto il resto. Al di sopra di questi, procedendo verso settentrione, si trovano i popoli chiamati Peucezi e Dauni. La popolazione del posto, invece, dà a tutto il territorio che viene dopo la Calabria il nome di Apulia. …. La Messapia forma una penisola, chiusa da un istmo che va da Brentesion fino a Taranto, per 310 stadi; il periplo, girando intorno a Capo Iapigio, è di circa 1400 stadi. Taranto dista circa 220 stadi da Metaponto, da dove essa può essere raggiunta per mare navigando verso levante.”

Peucezia

Nel Libro VI, Cap. III, Paragrafo 8 “…. Chi, partendo da Brentesion (Brindisi), costeggia il litorale adriatico, incontra la città di Egnatia, che costituisce la tappa comune per chi, per mare o per terra, è diretto a Bari: la navigazione si effettua col vento di Noto. Il territorio dei Peucezi si estende appunto sulla costa fino a Bari, mentre nell’entroterra arriva fino a Silvium: esso è tutto roccioso e montagnoso, dal momento che abbraccia molta parte dei monti Appennini. …. Da Brentesion a Bari ci sono 700 stadi. Taranto è pressappoco alla stessa distanza dall’una all’altra città“.

Daunia

Nel Libro VI Cap. III Par IX strabone descrive come: “…. da Bari al fiume Aufìdus (Ofanto), su cui si trova il porto dei Canusiti, ci sono 400 stadi; per raggiungere il porto si risale il fiume per 90 stadi. Vicino c’è anche Salapia, porto della città di Argyrippa: non molto lontano dal mare, nella pianura, sorgono infatti due città, che furono un tempo le più grandi fra le Italiotidi, come mostra il loro muro di cinta: Canusium ed Argyrippa, che però ora è più piccola. Essa era chiamata in origine Argos Hippium, poi Argyrippa poi con il nome odierno di Arpi. …è ritenuta fondazione di Diomede anche la città di Sipuntum che dista da Salapia circa 140 stadi ed era chiamata, con nome greco, “Sepius” a motivo delle seppie sbalzate qui dalle onde. Fra Salapia e Sipuntum c’è un fiume navigabile e una grande laguna attraverso i quali vengono trasportate le merci provenienti da Sipuntum e soprattutto il grano …presso una collina della Daunia, il cui nome è Drion, si possono vedere due santuari di eroi: quello di Calcante, situato proprio sulla sommità (coloro che consultano l’oracolo sacrificano all’eroe un ariete nero e dormono avvolti nella sua pelle) e quello di Podalirio, situato in basso, ai piedi della collina, a circa 100 stadi dal mare: da esso scorre un piccolo fiume che guarisce tutte le malattie del bestiame…in questo golfo c’è un promontorio sul mare, il Gargano, che si protende verso levante per 300 stadi. Doppiando il capo del promontorio si incontra la piccola città di Urium, mentre le Isole di Diomede, sorgono proprio davanti alla punta. Tutta questa terra è fertile e produce ogni genere di prodotti; inoltre è la migliore per l’allevamento dei cavalli e delle pecore. La lana che si produce è più morbida di quella di Taranto, ma meno lucida. La terra è ben riparata, perché le pianure sono avvallate.”

Apulia

Nel libro VI Cap.II paragrafo XI Stabone scrive: “…. Lo spazio che viene subito dopo il Gargano è occupato da un goffo profondo: sulle sue rive abitano gli Apuli lpropriamente detti, che parlano la stessa lingua dei Dauni e dei Peucezi e non si distinguono da loro, almeno oggi, per nessun aspetto, sebbene sia ragionevole supporre che precedentemente ci fossero delle differenze e che per questo anche i nomi diversi abbiano prevalso in opposizione fra loro…in tempi precedenti, dunque, l’intero paese era prospero ma fu poi devastato da Annibale e dalle guerre successive. Qui avvenne anche la battaglia di Canne, in cui i Romani ed i loro alleati subirono una grande perdita di vite umane. Nel golfo c’è un lago e oltre il lago, nell’entroterra, c’è Teanum Apulum, omonimo di Teanum Sidicinum (città di Tiati, situata sulla riva meridionale del fiume Fortore, a pochi chilometri della sua foce); a questo punto la larghezza dell’Italia sembra ridursi considerevolmente e da qui alla regione di Dicearchia, da un mare all’altro, non resta che un istmo di larghezza inferiore a 1.000 stadi…Dopo la palude, procedendo lungo la costa, si arriva al territorio dei Frentani e a Buca. A partire dalla palude dall’una e dall’altra parte ci sono 200 stadi per giungere fino a Buca e al Gargano. La zona successiva a quella intorno a Buca è stata già descritta in precedenza.

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